L'Osservatorio Internazionale per l'Olivicoltura Biologica ha aperto un nuovo tema di approfondimento: etica e agricoltura. Dovremmo dire olivicoltura ed etica, ed infatti è ciò su cui ci concentreremo. Ma il nostro particolare punto di vista non può che essere una proposta per passare dal particolare, appunto, al generale.
L'etica all'interno dei sistemi produttivi è di recente un tema largamente dibattuto. I piani di questo dibattito sembrano essere due: etica come nuova sintassi del futuro sviluppo ed etica come esigenza della società civile.
Il primo attraversa trasversalmente tutti i luoghi dell'attività civile, sociale ed economica (se ancora vogliamo considerare l'attività economica come altra dall'azione sociale). Il dibattito è filosofico pur cercando di tracciare una linea guida per ognuna delle attività umane. Ne è un esempio l'interesse della Chiesa Cattolica e quindi del Papa, così come di una parte del mondo politico e culturale.
Il secondo piano di discussione è un fiume alimentato da rigagnoli diversi. Il disagio personale che, da chi lo prova, trova come sfogo e ripicca più immediata la sfera "consumeristica", ovvero abbandonare l'acquisto di marchi macchiati nel loro profilo etico. Origine del disagio può essere la pressione delle politiche di brand spinte fino a raggiungere la sfera del personale, o le scoperte sconcertanti di attività criminali perpetrate da grandi e noti marchi a danno dei più deboli o dell'ambiente. A volte il disagio deriva dalla scoperta del vero valore dei propria acquisti e dello sproporzionato guadagno delle imprese: valore e prezzo sono spesso troppo distanti, lo stesso significato di valore è in discussione. Questo sfogo nella maggior parte dei casi consiste in una reazione negativa, di opposizione, di mancato acquisto. In altri casi sembra invece essere propositivo, cioè ricercare chi garantisce un profilo etico. Un esempio tra tutti il consumo dei prodotti del commercio equo e solidale. Un altro rigagnolo è quello che deriva dal mondo produttivo. Gli esempi di sfruttamento del lavoro e di posizioni contrattuali dominanti sono sempre più numerosi, intollerabili e insostenibili. Insostenibili probabilmente non solo dal punto di vista etico, ma anche economicamente. La crisi economica e soprattutto del credito sta forse smantellando un sistema di "connivenze" che rendeva "sostenibile" il peso di questi eventi. Ritorna anche qui la disparità ingiustificata tra valore e prezzo che a volte copre condizioni di lavoro insopportabili e scempi ambientali, questa volta però non in Paesi lontani ma in Italia. La povertà sta tornando trasportata non solo dalla crisi economica ma da condizioni di lavoro e di socialità al limite: ne sono un esempio lo sfruttamento dell'immigrazione (le campagne pugliesi, gli eventi di Rosarno, gli episodi al nord Italia). Ancora, un altro rigagnolo è quello che deriva dal mondo dell'associazionismo e del volontariato la cui coscienza è in molti casi organizzata, ha una sua grammatica, una comunicazione con regole più precise e quindi più efficace ed efficiente. L'associazionismo è più maturo, sa esercitare la sua pressione, sa interagire e articolarsi in diverse forme, ha una sua burocrazia, è quasi una seconda politica.
Tutto sembra interessare un cambiamento in atto nella sensibilità e nella cognizione singolare e collettiva del circostante.
A questo si aggiunge un terzo piano di discussione, quello del consumo. Una precisazione: adottiamo a fatica i termini "consumo" e "consumatori" convinti che sia altro il linguaggio da usare per discutere di economia o anche solo di comportamenti di acquisto, ma lo facciamo per non appesantire la discussione con altri concetti. Dunque, il consumo e quindi l'uso dei contenuti etici ai fini di marketing.
(Prima e) Durante il forum vorremo quindi porre diverse domande, sia di carattere generico che più specifico.
Alcune delle domande di carattere generale che ci e vi poniamo da qui al 28 Aprile 2010, data del forum, sono: come utilizzare contenuti etici per migliorare i sistemi locali (agricoli e rurali) produttivi? Come garantire un giusto valore alla merce, nella fattispecie ai prodotti agro-alimentari? E' necessario garantire redditi equi, ovvero proporzionati, ai produttori agricoli? E come? Le certificazioni possono essere una risposta? Può l'etica essere uno strumento di marketing? Nei casi in cui è usata a tal fine, l'uso è proprio? Lo, cioè, nei fatti? E' etico esso stesso? Come può essere migliorato?
Tra le questioni specifiche su cui vorremmo lavorare c'è il caso emblematico del mercato dell'olio d'oliva. La garanzia dei redditi per gli olivicoltori ormai da anni in discussione è ora più provvisoria e cogente. L'olivicoltura biologica ha fin' ora garantito risultati migliori per l'opportunità di differenziare il proprio prodotto a cui ha fatto seguito, o avrebbe potuto fare seguito, l'articolazione di una filiera più "equa" nella distribuzione del potere contrattuale e quindi del valore, ed anche più etica.
Questo è uno dei temi salienti del X Forum Internazionale per l'Olivicoltura Biologica. Qual'è l'esempio dell'olivicoltura biologica? Come migliorare le opportunità da essa offerte? Su quali fronti lavorare e su quali innovare?
Il nostro intento è quello di animare una discussione che porti a risultati utili, possibilmente uno sprone verso la concretezza delle azioni e della progettualità, sperando di riuscire.
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